5 ottobre 2014: Fiorentina-Inter 3-0
“La morte è
come una partita dell’Inter” incontra Mazzarri la mattina dopo la
sconfitta con la Fiorentina, in un bar vicino a casa dell’allenatore.
Mazzarri entra nel bar cinque minuti dopo di noi, con un completo
color terza maglia dell’Inter e la mano ingessata infilata in una
delle falde della giacca. Ha l’aria preoccupata, e quando il
barista sbatte con forza il dosatore del caffè per svuotarlo si
abbassa di colpo e strabuzza gli occhi. Poi si ricompone, e a un
nostro gesto ci si siede a fianco, ma lasciando uno sgabello vuoto in
mezzo. Ordina cinque caffè macchiati, per un motivo subito evidente:
gli tremano tanto le mani che i primi quattro gli si rovesciano. Del
quinto, finalmente, riesce a bere la metà, per rovesciarsi poi la
seconda metà all’interno della giacca. Non sembra però prenderne
nota.
Signor Mazzarri,
si è versato addosso il caffè.
Questo lo dice lei. È facile dire “si è versato addosso il caffè”
– bisogna vedere bene, bisogna studiarle, le cose. Ora io voglio
tornare a casa e rivedermi l’azione per bene, poi magari ne
parliamo con calma. Io non vengo certo qui a lamentarmi dei caffè,
io dei caffè non mi sono mai lamentato, è una mia politica
personale, però è un fatto che sono due anni che vengo qui e mi è
sempre finito del caffè dentro la giacca, sulla cravatta, nella
tasca dei pantaloni. Lei mi sa dire il motivo? Perché certi
giornalisti fanno di tutta l’erba un fascio, poi è facile fare i
discorsi, io invece faccio i fatti, non parlo le parole.
Ecco: a
proposito di fatti, la sua Inter in queste prime sei partite ha fatto
due vittorie, due sconfitte e due pareggi.
Esatto. Lo vede che organizzazione? E le sembra una cosa semplice?
In che senso,
scusi?
Ma come, in che senso? Ma lo vede che non v’informate, ma in Italia
del resto è così, la gente viene a fare le domande e poi non è
informata, mi fa altri cinque caffè macchiati, per favore? Ma mi
scusi, è così semplice: è come se io vengo qui al bar e prendo
cinque caffè macchiati, cinque caffè macchiati e cinque caffè
macchiati. Due vittorie, due pareggi e due sconfitte. Le sembra
casuale?
Oddio, credevo
di sì. Ma in effetti, se mi dice che le ultime due sconfitte erano
programmate si spiegano tante cose.
Ma mi scusi, vede però che così non va bene, se il vostro lavoro
devo farlo io? Ma mi scusi, per esempio, le sembra che dei difensori
di serie A possano andare la metà degli attaccanti del Cagliari? Le
sembra che un nazionale giapponese possa sbagliare passaggi di pochi
metri per poi andare ad abbattere gli avversari così, senza un
programma preciso, uno schema studiato in allenamento? A parte che
anche l’espulsione magari era programmata come forma di turnover,
ma io non è che ora vengo qui a dirlo a voi. Ecco, vede? Ora il
caffè mi è andato a finire sulle scarpe. Ma le pare casuale, anche
questo, scusi? Secondo me bisognerebbe andare a rivedere l’azione
nel momento in cui il barista posa il caffè sul bancone, ma tanto
qui in Italia si giudica tutto dai risultati, la programmazione non
conta nulla e i caffè te li servono sempre uno alla volta.
Certo però che
come l’anno scorso, dopo la larga vittoria sul Sassuolo che ha
illuso tutti, le cose non sono andate come i tifosi speravano.
Ma
no, vede, questo lo dice lei, io sono abituato a giudicare guardando
i fatti, e in tutti i posti in cui sono andato ho fatto bene, questo
lo dicono i fatti, non lo dico mica io. Quando ero alla Reggina, per
esempio, abbiamo cominciato a handicap, poi ho fatto cambiare il
barista e due camerieri e il campionato è andato benissimo. E poi
alla Sampdoria, avevo messo Cassano dietro il bancone perché mi
faceva quindici caffè che guardi, non ha mica idea, ma io del resto
questi ragazzi li vedo tutte le settimane in allenamento, vedo che in
partitella mi fanno bene, ce la mettono tutta anche con la maglietta
macchiata qui sotto al bavero, si impegnano sia sui cappuccini sia
sui latti macchiati, cosa vuole che mi importi se poi in partita mi
prendono due o tre gol? Bisognerebbe informarsi, prima di parlare!
Oddio, più tre
gol che due. E nella penultima partita anche quattro.
Ma per l’appunto, vede che si dovrebbe guardare tutto? Noi
dall’inizio dell’anno, ci siamo parlati e ci siamo detti che
quest’anno dovevamo essere equilibrati, stare attenti a tutto,
anche ai particolari, e per esempio, più che i punti, abbiamo deciso
che volevamo avere una differenza reti perfetta, precisa, che non
fosse troppo sbilanciato. Perché si è detto l’anno scorso che
quei sette gol al Sassuolo, per esempio, avevano cambiato tutte le
idee sulla squadra, all’improvviso sembrava che fossimo dei
fenomeni, poi va a finire che i laterali si sganciano troppo perché
vogliono andare a far gol e che Juan Jesus crede di poter fare il
paso doble, e allora abbiamo pensato di riequilibrare quel +7 nelle
ultime due partite. Ma scusi, le pare che io metto due pennelloni
come Ranocchia e Vidic insieme al centro della difesa, sennò? E
adesso ci stiamo molto attenti alla differenza reti, che per esempio
adesso è 11 fatti e 8 subiti.
E quindi?
Ma
come, e quindi? Barista, altri cinque macchiati, per favore. Ma scusi
[Mazzarri tira fuori
fogli a quadretti con sopra numeri e parole scritte in ordine
apparentemente casuale]
intanto 11 è il numero dei giocatori che scendono in campo, no? Poi
8 è la media degli scudetti di Genoa e Pro Vercelli, che sono le due
squadre che avevano vinto più campionati prima della Grande Guerra.
Capisce che è tutto calcolato per bene, se solo uno avesse voglia di
guardare ai fatti? E soprattutto c’è la differenza reti, no? Tre è
il numero perfetto, è il numero dei punti per una vittoria, è il
numero della Trinità, è un numero mistico, è il numero dei Trettré
che mi piacevano tanto quand’ero ragazzino, è il numero dei
Beatles togliendo quello che suonava il tamburo, e soprattutto è il
numero dei gol che abbiamo preso ieri sera a Firenze. Ma queste cose
le so io che vedo i miei figli tutti i giorni mentre fanno il
compito, e il mio piccolo ha strappato un foglio dal quaderno di
matematica e ha fatto questi conti per me, ma voi giornalisti le cose
non le sapete, non vi preparate, guardate solo i compiti in classe e
state lì a sottolineare che magari il mio grande ha preso cinque e
mezzo in latino, l’ultima volta, voi parlate le parole e scrivete
le scritte, non come me che faccio i fatti e conto le conte.
Mi perdoni, mi
sono un po’ perso.
Vede, quando si sta creando un nuovo progetto, quando si è
all’inizio di un ciclo, bisogna guardare tutto nei minimi
particolari, non è che se poi non funziona qualcosa o si prendono
venti gol in cinque partite, o ti rendi conto che hai ingaggiato un
quadrumane poco intelligente per mettergli in mano tutto il gioco
della squadra dal centrocampo in su, si mette in discussione tutto.
Perché qui noi abbiamo un programma ben preciso che va avanti
comunque, e del resto io ho già dichiarato che il mio obiettivo è
arrivare nei primi quindici entro il 2035, e su questo siamo
perfettamente in linea. Poi se voi parlate di Champions, di scudetto,
allora è un altro discorso, bisogna fare un programma
intergenerazionale e pensare che magari i benefici del lavoro che
facciamo adesso li vedranno i nipotini di Ranocchia, i bisnipoti di
Vidic.
Sì, ma...
Lo vede, per esempio, ora il caffè macchiato è andato a finire
sulla gamba dei pantaloni, che poi bisognerebbe anche qui andare a
vedere come si è preparato il barista in settimana e qual è la sua
programmazione, cos’ha fatto in partitella, la preparazione
atletica, quante ripetute mi ha fatto col vassoio pieno di
cappuccini, perché io li preparo così i miei ragazzi. Però io
avevo dichiarato che mi sarebbero finiti addosso tre caffè, che poi
van d’accordo coi tre punti, il più tre di differenza reti, i
Trettré e i Beatles senza quello che suonava il tamburo, vede che
tutto procede secondo i piani? Bisogna informarsi! E fra l’altro,
guardi, manco a farlo apposta, questa è la nostra terza maglia, e
l’ho messa quest’anno che è il terzo anno che sono qui meno uno.
E poi ha visto cos’ha detto coso, Thor, Tir, il bamboccetto
coreano, no? Che vuole riportare l’Inter fra le prime dieci squadre
d’Europa. E noi questa settimana siamo decimi, e il campionato
Italiano è il campionato più bello del mondo, per cui siamo
addirittura fra le prime dieci squadre del mondo. Per cui guardi,
lasci perdere tutti questi discorsi e vada a cambiarsi che voglio
vederla in partitella.
Va bene, grazie.
Arrivederci.
Arrivederci.
Mazzarri fa per
allungare la mano, ma poi al barista cade il bicchiere. Lui ritira la
mano, lancia la tazzina in aria con un urlo e si va a nascondere
sotto a un tavolo. Quando usciamo, sta ancora bofonchiando fra sé e
sé. Si distinguono le parole “progetto” e “ciclo”.