giovedì 12 settembre 2013

14. Che confusione


1 maggio 1983: Juventus-Inter 3-3 (0-2 a tavolino)



Sono confuso. Lo so che è un cliché – che io stesso sto diventando un cliché – ma dopo i quarant’anni non sono più sicuro di nulla. Questo luogo comune l’ha spiegato bene Matt Johnson-The The, uno dei miei cantautori preferiti, in una canzone del 1993 – quindi non c’è bisogno che lo rielabori io.

The more I see
the less I know
about all the things I thought were wrong or right
and carved in stone
so don’t ask me about war, religion or God
love, sex or death, because
Everybody knows what’s going wrong with the world
I don’t even know what’s going on in myself

Il 2012 mi ha portato il quarantesimo compleanno, e il 2013, come per infierire, mi ha regalato tutta una serie di nuove insicurezze. Fino a qualche anno fa, ero convinto di capire almeno una serie di cose basilari sull’andamento del mondo: in Italia governava la destra, e la destra ce l’aveva con me e quelli come me; alla Casa Bianca c’erano i repubblicani, e i repubblicani erano pronti a fare la guerra con qualunque pretesto, in nome del petrolio e per conto della lobby delle armi; dire “alla Casa Bianca” faceva figo, così come sapere la differenza fra democratici e repubblicani, laburisti e tories (e dire “tories” faceva molto cultura). Vero che in Inghilterra c’era Blair, il che minava un po’ le nostre certezze, ma Ken Loach e altri ci avevano spiegato che Blair era un discepolo della Thatcher travestito da socialista, e quindi anche Blair, nelle conversazioni di un certo livello, non costituiva un problema.

Ora, nelle conversazioni di un certo livello, non so più che cosa dire, e i miei discorsi sono così infarciti di forse, credo e non so che mi sento come Forlani nel ’93. Mi sembra anche di avere la bavetta all’angolo della bocca. Prendiamo la politica interna: per diciotto anni è stato facilissimo sapere per chi votare e chi sostenere. A rappresentare una parte politica c’era quasi sempre un essere umano vanitoso, discutibile, untuoso e fallace: ma siccome dall’altra parte c’era Silvio Berlusconi, si votava l’essere umano vanitoso ecc. con una certa leggerezza d’animo. In tutte le discussioni postprandiali, l’arma finale era la frase: sì, anche noi abbiamo dei delinquenti, ma i vostri sono molto peggio. Sentendo parlare certi esponenti del PC/DS/PD, poteva sorgere il dubbio che fossero dei babbei analfabeti: ma anche per questo c’era un rimedio facile, che consisteva nel premersi entrambe le mani sulle orecchie e canticchiare “La fisarmonica” fino a fine intervista. Si viveva anche nella meravigliosa illusione che, dopo la caduta del muro, i democristiani cattivi si fossero buttati a destra, e quelli buoni a sinistra – quest’ultimo essendo, per esempio, il caso di De Mita.

(Nel tempo che impiegate a leggere questo breve paragrafo parentetico, immaginatemi mentre canto “La fisarmonica” con le mani premute sulle orecchie)

Quanto alla politica estera: se c’era un Bush al governo, si sapeva che doveva scatenare qualche guerra, con qualsiasi pretesto – particolarmente esilarante fu quello della seconda guerra irachena – per compiacere le lobby del petrolio e delle armi, e per mantenere il consenso interno. Se c’era Clinton, si sapeva che doveva scatenare qualche guerra, con qualsiasi pretesto, perché costretto dalle lobby del petrolio e delle armi, per mantenere il consenso interno, e per far vedere che anche i democratici non erano mica delle mammolette. Insomma, c’erano guerre inutili e ingiustificate e guerre inutili e giustificate, e per ognuna di queste c’era la giusta reazione – dallo scotimento di capo con aria indignata e labbra lievemente protruse allo scotimento di capo con aria contrita e labbra lievemente schiuse. Quanto a Blair, si sapeva che qualunque cosa facesse era sbagliata, il che aumentava di molto le possibilità di vederci giusto e non fare brutta figura in società. Infine, in casi spinosi come quello dell’ex Jugoslavia, c’erano due partiti di opinione rispettabili ai quali iscriversi: i realisti, convinti che valesse la pena massacrare della gente a malincuore per evitare massacri peggiori; e gli idealisti, convinti che fosse necessario lasciare ad ogni popolo, o crogiolo di popoli, il diritto inalienabile a massacrare le proprie minoranze.

Se questa descrizione dello stato delle cose vi sembra semplicistica, è perché lo è. Perché in realtà non è una descrizione dello stato delle cose, ma dello stato del mio cervello rispetto allo stato delle cose. Finché potevo intrupparmi in qualche gruppo con la ragionevole certezza che gli altri fossero peggio, finché potevo assumere un’opinione altrui o sorvolare tutte le opinioni senza posarmi su nessuna, con l’aria del vecchio volatile che conosce tutti i rami, li sa traballanti e preferisce posarsi in cima all’albero, potevo ragionare male e compiacermi della mia sagacia. Adesso che sono un po’ più vecchio e ne so un po’ di più, continuo a ragionare male, ma me ne rendo perfettamente conto. D’accordo, sono tornato a The The. L’avevo detto dall’inizio, che non sarei stato in grado di elaborare.

Il mondo, ora, mi sembra in uno stato di totale confusione – e allo stesso tempo, mi rendo conto (ma anche qui: in modo confuso, non lampante) che sono io stesso a produrre questa confusione. Che ci dev’essere un modo rapido e immediato per trovare il senso delle cose, ma il mio cervello ha sviluppato una qualche forma di cecità ideologica che gli rende impossibile vederlo. Per somma beffa, questa cecità non è nemmeno roba mia – essere stupidi in prima persona, e non per conto terzi, sarebbe già una qualche consolazione – ma di un’intera fascia della popolazione, un segno dell’età o una conseguenza delle false posizioni in cui ci siamo fatti sorprendere in un momento decisivo del cui passaggio non ci siamo accorti. Come se uno avesse aperto la porta del bagno, senza fare rumore, mentre ci facevamo un bidè girati verso il rubinetto: fuori dal bagno, tutti hanno preso a guardarci sogghignando, ma noi sul bidè eravamo girati, non abbiamo sentito nulla e non sappiamo nemmeno di esserci resi ridicoli.

Oggi, quando qualcuno cerca di coinvolgermi in discorsi impegnativi, non posso fare altro che raccontare nel dettaglio il mio stato confusionale. In Italia non so più chi sostenere, perché adesso i buoni sono alleati con i cattivi, e ci sono dei buoni nuovi di cui ancora non mi fido perché non capisco se sono contro i miei interessi, e mi sembra che siano guidati da un fanatico dai modi fascisti: speravo tanto che i vecchi buoni si alleassero con i nuovi buoni – il che mi avrebbe tranquillizzato sul conto di entrambi – ma poi i nuovi buoni (credo) hanno detto che i vecchi buoni erano in realtà alleati segretamente coi cattivi e coi poteri forti che li sostengono, e i vecchi buoni (se non ho capito male) hanno detto che i nuovi buoni erano inaffidabili e somigliavano tanto a dei vecchi cattivi di qualche decennio fa, e allora ci sono rimasto male e mi sono un po’ perso. Quanto alle politica internazionale, prendiamo la Siria: qualche tempo fa si è cominciato a dire che Assad stava massacrando i suoi cittadini-sudditi, ma allo stesso tempo c’era chi diceva che in realtà i poteri forti della regione e forse anche gli occidentali gli stavano organizzando un’opposizione interna perché era troppo moderno e democratico, e perciò andava contro i loro interessi; a quel punto forse Assad ha cominciato a massacrare questa opposizione interna, che poteva essere foraggiata come no da potenze estere, e il cui massacro poteva essere come no stato inventato/esagerato da chi aveva interesse a mettere in cattiva luce il tirannico o troppo democratico Assad; e ora Barack Obama, un democratico che è anche il primo presidente americano non caucasico della storia, e che manda droni a uccidere persone denunciate come terroristi in cambio di denaro da altre persone che vivono in zone estremamente povere, vorrebbe scatenare una guerra di cui il governo conservatore britannico, che ha vessato i suoi cittadini come nessun altro governo del dopoguerra, non è per niente convinto. Della situazione dei paesi come l’Egitto, poi, non voglio nemmeno cominciare a parlare: un feroce regime militare viene rovesciato dal popolo e sostituito da un feroce protoregime religioso che poi i militari cercano di rovesciare – Dio mio, Dio mio, perché non mi mandi un abstract di 100 parole?

In tutto questo, tanto per l’Italia quanto per il mondo, ho la sensazione che dovrei passare la vita a studiare e documentarmi per venirne a capo. Dovrei smettere di fare lezione, di studiare, di scrivere roba accademica, di suonare, di portare avanti i miei blog e di guardare le pagine di sport del televideo, probabilmente per giungere alla conclusione che non è possibile giungere a una conclusione. Cosa deve fare un povero cristo per fare bella figura in società – rovinarsi la vita?

Ora, dal momento che non posso più parlare con sicumera di musica perché suono e non è il caso che offenda nessuno, e non posso più parlare con sicumera di letteratura perché sapendo molte cose so (scusa, Socrate) di non saperne molte di più (come faccio a parlare male di Bret Easton Ellis se avendo il sospetto che mi faccia schifo non l’ho mai letto?), capite bene come il calcio diventi per me l’unico argomento di conversazione accettabile. Quando parlo di calcio, ho la ragionevole certezza di saperne di più della maggior parte dei miei interlocutori – a parte mio cugino – o comunque di poter portare alla luce qualche aspetto poco noto dell’argomento. Quando parlo di calcio, so con certezza chi sono i cattivi, perché per semplicità me li hanno contrassegnati con delle strisce bianche e nere. Quando parlo di calcio so esattamente cosa voglio, che è vincere 2-0 (non di più – mai sfidare la hybris) Inter-Juve di sabato prossimo, con gol di Alvarez in discesa solitaria e di Nagatomo di labbra. So anche che darei quasi qualsiasi cosa per questo risultato – probabilmente anche la Siria, la Kamchatka, l’Europa, l’Oceania e ventiquattro territori – e che alla fine mi accontenterei anche di vincere 2-0 a tavolino, come quando i tifosi della Juve, stando alle cronache, tirarono un mattone sulla tempia a Giampiero Marini.

Certo, è poi vero che la Juve degli ultimi anni ha vinto regolarmente, e che anzi Galliani è diventato un Moggi in sedicesimo e adesso i rigori facili li danno al Milan. Ed è vero che l’Inter forse la compra un indonesiano di cui non sappiamo quasi nulla, e che per creare ulteriore confusione si chiama quasi uguale a una piazza in cui sono successe cose che non ho ancora capito se fossero buone o cattive. E anche Moratti alla fine è un petroliere, e non mi ricordo più chi, ma era uno attendibile, mi diceva che alla Saras ci si lasciava la pelle. E probabilmente Giampiero Marini aveva un po’ esagerato, con quel mattone, e già una dozzina di anni prima l’Inter aveva rimesso in piedi un ottavo di finale di coppa campioni grazie a una lattina di coca cola e a un’imbarazzante sceneggiata di Boninsegna.

(Nel tempo che impiegate a leggere questo breve paragrafo parentetico, immaginatemi mentre canto “La fisarmonica” con le mani premute sulle orecchie)

Come dicevo, sabato c’è Inter-Juve. Io ci spero. Per tutto il resto, fate un po’ voi.