1 maggio 1983: Juventus-Inter 3-3 (0-2 a tavolino)
Sono confuso. Lo so che è un cliché – che io
stesso sto diventando un cliché – ma dopo i quarant’anni non sono più sicuro di
nulla. Questo luogo comune l’ha spiegato bene Matt Johnson-The The, uno dei
miei cantautori preferiti, in una canzone del 1993 – quindi non c’è bisogno che
lo rielabori io.
The more I see
the less I know
about all the things I thought were wrong or
right
and carved in stone
so don’t ask me about war, religion or God
love, sex or death, because
Everybody knows what’s going wrong with the
world
I don’t even know what’s going on in myself
Il 2012 mi ha portato il quarantesimo
compleanno, e il 2013, come per infierire, mi ha regalato tutta una serie di
nuove insicurezze. Fino a qualche anno fa, ero convinto di capire almeno una
serie di cose basilari sull’andamento del mondo: in Italia governava la destra,
e la destra ce l’aveva con me e quelli come me; alla Casa Bianca c’erano i
repubblicani, e i repubblicani erano pronti a fare la guerra con qualunque
pretesto, in nome del petrolio e per conto della lobby delle armi; dire “alla Casa
Bianca” faceva figo, così come sapere la differenza fra democratici e
repubblicani, laburisti e tories (e dire “tories” faceva molto cultura). Vero
che in Inghilterra c’era Blair, il che minava un po’ le nostre certezze, ma Ken
Loach e altri ci avevano spiegato che Blair era un discepolo della Thatcher
travestito da socialista, e quindi anche Blair, nelle conversazioni di un certo
livello, non costituiva un problema.
Ora, nelle conversazioni di un certo livello,
non so più che cosa dire, e i miei discorsi sono così infarciti di forse, credo
e non so che mi sento come Forlani nel ’93. Mi sembra anche di avere la bavetta
all’angolo della bocca. Prendiamo la politica interna: per diciotto anni è
stato facilissimo sapere per chi votare e chi sostenere. A rappresentare una
parte politica c’era quasi sempre un essere umano vanitoso, discutibile,
untuoso e fallace: ma siccome dall’altra parte c’era Silvio Berlusconi, si
votava l’essere umano vanitoso ecc. con una certa leggerezza d’animo. In tutte
le discussioni postprandiali, l’arma finale era la frase: sì, anche noi abbiamo
dei delinquenti, ma i vostri sono molto peggio. Sentendo parlare certi
esponenti del PC/DS/PD, poteva sorgere il dubbio che fossero dei babbei
analfabeti: ma anche per questo c’era un rimedio facile, che consisteva nel
premersi entrambe le mani sulle orecchie e canticchiare “La fisarmonica” fino a
fine intervista. Si viveva anche nella meravigliosa illusione che, dopo la
caduta del muro, i democristiani cattivi si fossero buttati a destra, e quelli
buoni a sinistra – quest’ultimo essendo, per esempio, il caso di De Mita.
(Nel tempo che impiegate a leggere questo
breve paragrafo parentetico, immaginatemi mentre canto “La fisarmonica” con le
mani premute sulle orecchie)
Quanto alla politica estera: se c’era un Bush
al governo, si sapeva che doveva scatenare qualche guerra, con qualsiasi
pretesto – particolarmente esilarante fu quello della seconda guerra irachena –
per compiacere le lobby del petrolio e delle armi, e per mantenere il consenso
interno. Se c’era Clinton, si sapeva che doveva scatenare qualche guerra, con
qualsiasi pretesto, perché costretto dalle lobby del petrolio e delle armi, per
mantenere il consenso interno, e per far vedere che anche i democratici non
erano mica delle mammolette. Insomma, c’erano guerre inutili e ingiustificate e
guerre inutili e giustificate, e per ognuna di queste c’era la giusta reazione
– dallo scotimento di capo con aria indignata e labbra lievemente protruse allo
scotimento di capo con aria contrita e labbra lievemente schiuse. Quanto a
Blair, si sapeva che qualunque cosa facesse era sbagliata, il che aumentava di
molto le possibilità di vederci giusto e non fare brutta figura in società.
Infine, in casi spinosi come quello dell’ex Jugoslavia, c’erano due partiti di
opinione rispettabili ai quali iscriversi: i realisti, convinti che valesse la
pena massacrare della gente a malincuore per evitare massacri peggiori; e gli
idealisti, convinti che fosse necessario lasciare ad ogni popolo, o crogiolo di
popoli, il diritto inalienabile a massacrare le proprie minoranze.
Se questa descrizione dello stato delle cose
vi sembra semplicistica, è perché lo è. Perché in realtà non è una descrizione
dello stato delle cose, ma dello stato del mio cervello rispetto allo stato
delle cose. Finché potevo intrupparmi in qualche gruppo con la ragionevole
certezza che gli altri fossero peggio, finché potevo assumere un’opinione
altrui o sorvolare tutte le opinioni senza posarmi su nessuna, con l’aria del
vecchio volatile che conosce tutti i rami, li sa traballanti e preferisce
posarsi in cima all’albero, potevo ragionare male e compiacermi della mia
sagacia. Adesso che sono un po’ più vecchio e ne so un po’ di più, continuo a
ragionare male, ma me ne rendo perfettamente conto. D’accordo, sono tornato a
The The. L’avevo detto dall’inizio, che non sarei stato in grado di elaborare.
Il mondo, ora, mi sembra in uno stato di
totale confusione – e allo stesso tempo, mi rendo conto (ma anche qui: in modo
confuso, non lampante) che sono io stesso a produrre questa confusione. Che ci
dev’essere un modo rapido e immediato per trovare il senso delle cose, ma il
mio cervello ha sviluppato una qualche forma di cecità ideologica che gli rende
impossibile vederlo. Per somma beffa, questa cecità non è nemmeno roba mia –
essere stupidi in prima persona, e non per conto terzi, sarebbe già una qualche
consolazione – ma di un’intera fascia della popolazione, un segno dell’età o
una conseguenza delle false posizioni in cui ci siamo fatti sorprendere in un
momento decisivo del cui passaggio non ci siamo accorti. Come se uno avesse
aperto la porta del bagno, senza fare rumore, mentre ci facevamo un bidè girati
verso il rubinetto: fuori dal bagno, tutti hanno preso a guardarci
sogghignando, ma noi sul bidè eravamo girati, non abbiamo sentito nulla e non
sappiamo nemmeno di esserci resi ridicoli.
Oggi, quando qualcuno cerca di coinvolgermi in
discorsi impegnativi, non posso fare altro che raccontare nel dettaglio il mio
stato confusionale. In Italia non so più chi sostenere, perché adesso i buoni
sono alleati con i cattivi, e ci sono dei buoni nuovi di cui ancora non mi fido
perché non capisco se sono contro i miei interessi, e mi sembra che siano
guidati da un fanatico dai modi fascisti: speravo tanto che i vecchi buoni si
alleassero con i nuovi buoni – il che mi avrebbe tranquillizzato sul conto di
entrambi – ma poi i nuovi buoni (credo) hanno detto che i vecchi buoni erano in
realtà alleati segretamente coi cattivi e coi poteri forti che li sostengono, e
i vecchi buoni (se non ho capito male) hanno detto che i nuovi buoni erano
inaffidabili e somigliavano tanto a dei vecchi cattivi di qualche decennio fa,
e allora ci sono rimasto male e mi sono un po’ perso. Quanto alle politica
internazionale, prendiamo la Siria: qualche tempo fa si è cominciato a dire che
Assad stava massacrando i suoi cittadini-sudditi, ma allo stesso tempo c’era
chi diceva che in realtà i poteri forti della regione e forse anche gli
occidentali gli stavano organizzando un’opposizione interna perché era troppo
moderno e democratico, e perciò andava contro i loro interessi; a quel punto
forse Assad ha cominciato a massacrare questa opposizione interna, che poteva
essere foraggiata come no da potenze estere, e il cui massacro poteva essere
come no stato inventato/esagerato da chi aveva interesse a mettere in cattiva
luce il tirannico o troppo democratico Assad; e ora Barack Obama, un
democratico che è anche il primo presidente americano non caucasico della
storia, e che manda droni a uccidere persone denunciate come terroristi in
cambio di denaro da altre persone che vivono in zone estremamente povere,
vorrebbe scatenare una guerra di cui il governo conservatore britannico, che ha
vessato i suoi cittadini come nessun altro governo del dopoguerra, non è per
niente convinto. Della situazione dei paesi come l’Egitto, poi, non voglio
nemmeno cominciare a parlare: un feroce regime militare viene rovesciato dal
popolo e sostituito da un feroce protoregime religioso che poi i militari
cercano di rovesciare – Dio mio, Dio mio, perché non mi mandi un abstract di
100 parole?
In tutto questo, tanto per l’Italia quanto per
il mondo, ho la sensazione che dovrei passare la vita a studiare e documentarmi
per venirne a capo. Dovrei smettere di fare lezione, di studiare, di scrivere
roba accademica, di suonare, di portare avanti i miei blog e di guardare le
pagine di sport del televideo, probabilmente per giungere alla conclusione che
non è possibile giungere a una conclusione. Cosa deve fare un povero cristo per
fare bella figura in società – rovinarsi la vita?
Ora, dal momento che non posso più parlare con
sicumera di musica perché suono e non è il caso che offenda nessuno, e non
posso più parlare con sicumera di letteratura perché sapendo molte cose so (scusa,
Socrate) di non saperne molte di più (come faccio a parlare male di Bret Easton
Ellis se avendo il sospetto che mi faccia schifo non l’ho mai letto?), capite
bene come il calcio diventi per me l’unico argomento di conversazione
accettabile. Quando parlo di calcio, ho la ragionevole certezza di saperne di
più della maggior parte dei miei interlocutori – a parte mio cugino – o
comunque di poter portare alla luce qualche aspetto poco noto dell’argomento.
Quando parlo di calcio, so con certezza chi sono i cattivi, perché per
semplicità me li hanno contrassegnati con delle strisce bianche e nere. Quando
parlo di calcio so esattamente cosa voglio, che è vincere 2-0 (non di più – mai
sfidare la hybris) Inter-Juve di sabato prossimo, con gol di Alvarez in discesa
solitaria e di Nagatomo di labbra. So anche che darei quasi qualsiasi cosa per
questo risultato – probabilmente anche la Siria, la Kamchatka, l’Europa,
l’Oceania e ventiquattro territori – e che alla fine mi accontenterei anche di
vincere 2-0 a tavolino, come quando i tifosi della Juve, stando alle cronache,
tirarono un mattone sulla tempia a Giampiero Marini.
Certo, è poi vero che la Juve degli ultimi
anni ha vinto regolarmente, e che anzi Galliani è diventato un Moggi in
sedicesimo e adesso i rigori facili li danno al Milan. Ed è vero che l’Inter
forse la compra un indonesiano di cui non sappiamo quasi nulla, e che per
creare ulteriore confusione si chiama quasi uguale a una piazza in cui sono
successe cose che non ho ancora capito se fossero buone o cattive. E anche
Moratti alla fine è un petroliere, e non mi ricordo più chi, ma era uno
attendibile, mi diceva che alla Saras ci si lasciava la pelle. E probabilmente
Giampiero Marini aveva un po’ esagerato, con quel mattone, e già una dozzina di
anni prima l’Inter aveva rimesso in piedi un ottavo di finale di coppa campioni
grazie a una lattina di coca cola e a un’imbarazzante sceneggiata di
Boninsegna.
(Nel tempo che impiegate a leggere questo
breve paragrafo parentetico, immaginatemi mentre canto “La fisarmonica” con le
mani premute sulle orecchie)
Come dicevo, sabato c’è Inter-Juve. Io ci
spero. Per tutto il resto, fate un po’ voi.
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