martedì 10 dicembre 2013

16. Parzialmente nuvoloso con pareggio in casa


8 dicembre 2013: Inter-Parma 3-3

Fa freddo, il cielo è grigio, e l’Inter ha pareggiato. No – secondo logica, mi tocca invertire l’ordine dei fattori: l’Inter ha pareggiato, il cielo è grigio e fa anche freddo.

Oggi è una giornata grigia, a Udine. Ci sono due o tre gradi sopra lo zero. L’Inter ha pareggiato in casa. I friulani camminano con le mani piantate in tasca e gli occhi puntati a terra, come se avessero perso un decino e lo cercassero, più che per il decino in sé, per ripicca contro la vita e contro l’idea che i decini si perdono.

I miei studenti, alle otto e mezzo del mattino, sono asserragliati nel sonno. Tengono le braccia incrociate – uno sciopero involontario dell’apprendimento. E per inciso, l’Inter ha pareggiato in casa col Parma.

L’Inter ha pareggiato in casa col Parma – perdeva 1-0, e poi 2-1 per una papera del portiere. Poi aveva anche recuperato. Alle due del pomeriggio, ho davanti un’altra covata di studenti (più grandi, quelli della specialistica) e la prospettiva di correggere trentotto traduzioni in serata, perché poi gliele devo riconsegnare domattina. A un certo punto l’Inter stava anche 3-2, col Parma, ma ha ripreso gol quasi subito. Sono cose che capitano, in un processo di apprendimento.

L’Inter ha pareggiato, e la Juve è sopra di dodici punti, ma naturalmente questo è un anno di transizione, dobbiamo solo arrivare fra le prime tre, anzi fra le prime cinque, anzi, quello che conta è rivalutare la rosa, tutto sommato. Dopo questo preappello, mi rimane una lezione dalle quattro alle sei, e so che a quell’ora gli studenti mi guardano come chiedendosi: “perché questo bislacco animale si ostina a non estinguersi?” Io, di mio, li guardo con l’aria di uno che sa che Cambiasso, a pochi minuti dalla fine, poteva fare il gol del 4-3 di sinistro, al volo.

Chissà se riesco a finire di correggere per le dieci di sera? Magari mangio dopo aver finito, e poi vedo se c’è qualcosa di interessante su RaiStoria o su LaEffe. Che so, un programma sulla Grande Guerra o qualche altra catastrofe. Calcio no, perché oggi è lunedì, e poi l’Inter ha pareggiato. Che Cambiasso poi di solito li fa, quei gol lì.

Ieri sera, in treno, ho preparato messaggi per promuovere il disco nuovo e proporre concerti in giro. Li ho scritti in terza persona, con tono trionfalistico, dicendo che Moro & the Silent Revolution partivano da Forlì alla conquista del Regno Unito e poi del mondo, più o meno. Chissà se era credibile, il tono trionfalistico – sono pochissime le frasi che riescono credibili se ci metti dentro la città di Forlì. Una è “Forlì è una città grigia”. Grigia come un pareggio in casa a inizio dicembre con una squadra di metà classifica. Ma bisogna tenere presente che questi giocatori, pochi mesi fa, avevano perso tutta la fiducia in se stessi.

Forse me lo sentivo già in treno, che si pareggiava. Sarà meglio che riguardi bene quei messaggi trionfalistici, prima di spedirli.

Anche se stasera non so mica se ho tempo – devo correggere trentotto traduzioni. A parte questo, a parte l’ultima lezione che mi aspetta, non è mica male, questa giornata. Sì, l’Inter ha pareggiato, è grigio e devo lavorare, ma io non sono mica come certi altri amici che quando la loro squadra perde, o pareggia in casa con una squadra di metà classifica – che è un po’ la stessa cosa, a pensarci bene, specie da quando la vittoria vale tre punti – si lasciano andare, smadonnano, insultano l’arbitro. Io so vedere le cose in prospettiva. Sì, forse c’era un rigore, o forse non c’era però ogni tanto i rigori che non ci sono agli altri li danno – lo dico così, per completezza di informazione – ma probabilmente non sarebbe cambiato niente. Dopotutto si stava sul 2-1 per loro, e avevamo anche ribaltato il risultato, prima di prendere un altro gol da cretini nel giro di quattro minuti.

(Certo, prendere qualche gol da cretini ci sta, in un anno di transizione e di apprendimento.)

Mancano ancora sei-sette ore a quando mi potrò riposare, e forse si mette a piovere. Mio padre, quando ero bambino, era di cattivo umore tutte le volte che il Milan perdeva – e il Milan perdeva spesso, quando ero bambino. Ricordo le finali di Mitropa Cup guardate con lui. E ricordo che la mia nonna materna, per giustificare il suo comportamento, diceva ah, cosa vuoi, ha perso il Milan, con questo Milan, e sospirava, come parlasse di uno che ha una brutta malattia. E anch’io, da bambino, la prendevo male. Ricordo quell’Inter-Austria Vienna di Coppa Uefa, per esempio – bastava un 1-0 per passare il turno, e invece niente. Io dormivo dai miei nonni materni, e passai il resto della nottata ad alterare mentalmente le azioni per far segnare Altobelli e compagnia. Mio nonno, buonanima, sosteneva perfino che mi ero alzato a sedere sul letto – dormivo con lui, chissà perché – e che avevo urlato “Scatta sulla fascia – gol!”

Per fortuna non sono più fatto così, perché altrimenti oggi avrei motivo di essere di pessimo umore – è il terzo pareggio di fila, dopotutto, in tre partite con squadre di mezza o bassa classifica. Gli amici romanisti, per esempio – loro si arrabbiano tantissimo. Li vedo su facebook. E stamattina c’era un amico interista che chiedeva già le dimissioni di Mazzarri – io mi sono trattenuto, ma avrei potuto fargli presente che è presto, che bisogna sempre essere equilibrati, che Mazzarri ha fatto sempre bene in tutte le squadre che ha allenato, e che i conti si fanno alla fine. E alla fine è pur sempre importante non perdere, e si poteva anche perdere, ieri sera. Certo, si poteva anche vincere – bastava avere un paio di scimmie antropomorfe di media intelligenza in difesa, o che Cambiasso facesse quel gol, perché di solito lui quei gol li fa, non so se l’ho detto.

È quasi ora di uscire di qui con il mio fascio di compiti sottobraccio, e di avviarmi verso l’aula dell’ultima lezione. L’aula è in un ex convitto – non è il posto in cui faccio lezione di solito – e fa un effetto un po’ desolante. Ci si aspetta di veder arrivare due o tre suore tarchiate con il pentolone di zuppa di cavoli. Oggi due o tre studenti devono fare i loro interventi in aula, e una ventina di minuti andrà via così: mentre li ascolto dovrò sforzarmi, per evitare di visualizzare come sarebbe andata se sull’azione dello 0-1 Juan avesse capito un attimo prima il passaggio filtrante telefonato di Cassano, o di Sansone, o di chi diavolo era.

(Muoia con tutti i Filistei, comunque.)

Fuori, alle quattro del pomeriggio, fa un freddo cane e sembra già notte. In giro a Udine c’è già gente che beve senza gioia, da sola. Mi guardano con aria di sfida, come a dire: “Sì, noi siamo uomini tristi, ma tu hai pareggiato in casa col Parma”. Naturalmente, c’è una remota possibilità che non lo stiano veramente pensando.

Io, in ogni caso, non li vedo già più, e non vedo neanche i miei studenti, anche se li ascolto. Come al solito sto pensando alla secessione, a un mondo abitato solo da interisti e fatto a misura di interisti – volendo possono entrare anche i torinisti, una volta ogni tanto e per inviti. Un mondo in cui il lunedì parliamo solo dell’Inter, e non importa se l’Inter ha pareggiato, perché in quel mondo le altre squadre, comunque, non fanno punti. Il peggio che può capitare è che il vantaggio dell’Inter sulle altre non aumenti. E tutte le domeniche, e un mercoledì sì e uno no, Mourinho salta in campo agitando le braccia come un bambino di sei anni, Nicolino Berti spacca le traverse a colpi di testa, e il Becca sbaglia rigori su rigori ma gliene danno sempre un altro.

Quando ero piccolo, di solito, in questo periodo grigio e freddo il campionato era già scritto. L’Inter era appena uscita dalle coppe o stava per uscire. Ma per fortuna, quest’anno, nelle coppe non ci siamo nemmeno entrati. E per fortuna io non me la prendo più come una volta.

Fa freddo, il cielo è grigio, e l’Inter ha pareggiato.

Nessun commento:

Posta un commento